La recensione del libro che vi propongo entra subito nel vivo di un argomento delicato e attuale, mantenendo la promessa della sintesi di copertina: informare, orientare e soprattutto far riflettere. Questi intenti vengono raggiunti in modo semplice e diretto con considerazioni e consigli che possono aiutare i genitori e gli insegnanti ad affrontare i dubbi e le paure dei nostri piccoli. Gli autori del libro “Parlare di Isis ai bambini” (Pellai, Morin, Mazzei, Montanari, ed. Erickson), a partire dal titolo stesso, risolvono già uno dei primi quesiti che alcuni genitori preoccupati dai tragici fatti di cronaca che si susseguono con sempre maggior frequenza, rivolgono in sede di consulenza: “Dottoressa ma devo spiegare a mio figlio cos'è il terrorismo o è meglio evitare di fargli vedere il telegiornale?”. Il dilemma tra, nascondere la testa sotto la sabbia e convincersi in modo piuttosto naif che basta non parlare per far finta che qualcosa non sia accaduto, o trovare un modo per affrontare la realtà che ci circonda, viene bypassato interamente. Sì, occorre, è un dovere parlarne. Per coloro che ancora non sono convinti ecco uno spunto di riflessione. Perché i nostri bambini potrebbero non essere insieme a noi quando, mentre stanno guardando distrattamente i cartoni animati, le trasmissioni vengono interrotte bruscamente dalle immagini che scorrono veloci di ambulanze assordanti, forze dell'ordine in assetto di guerra, gente in lacrime, notizie frammentarie e confuse. Perché sempre più spesso, nell'epoca social, nella quiete quotidiana irrompe inaspettatamente la sensazione di pericolo. Mentre scrivo apprendo del devastante terremoto al cuore dell'Italia, e il cerchio si chiude. Come lo stomaco. E il bambino quali strumenti emotivi e cognitivi, quali filtri ha per capire? L'adulto. Ecco la prima risposta. Siamo noi a fare la differenza. Certo occorre precisare che solo intorno ai 9 anni il bambino ha la possibilità di usare un pensiero più astratto che lo aiuta a distinguere tra finzione e realtà, a comprendere che le immagini che sta vedendo in tv riguardano tempi e luoghi distinti da dove si trova lui. Fino a questa età le emozioni sono più immediate, quasi primordiali, paradossalmente molto simili a quelle delle persone che stanno vivendo la situazione traumatica. Minaccia, assedio, vulnerabilità, terrore, tutti scaturiti dal percepire il mondo come un posto pericoloso e imprevedibile. A questo punto gli autori suggeriscono da dove iniziare mettendo l'accento sull'importanza del contatto corporeo: il messaggio forte, universale e rassicurante di un abbraccio è capace di ridimensionare l'agitazione e fornire una protezione, uno scudo immediato di fronte al mondo che ci minaccia. Nel qui e ora della paura il bambino sperimenta il suo luogo sicuro e la certezza di non essere solo. La semplicità di questo gesto è tuttavia possibile solo se siamo noi i primi a mantenere la calma riuscendo a regolare il tono della voce, la postura del corpo, l'espressione del nostro viso. Solo allora arrivano le parole per tranquillizzare, quelle che guidano il bambino alla comprensione delle sue emozioni, le quali vanno accolte e mai negate, anche ammettendo lo spavento che sia la mamma che il papà hanno provato, riuscendo poi a ritrovare il controllo della situazione. Spesso questo è il momento in cui arrivano tutti i temuti “perché?”, “perché mamma è successo?”, “accadrà anche qui?”. Provare a rispondere con onestà non può che essere premiante, l'evidenza non può essere oscurata da bugie con le gambe corte e quindi viene consigliato dallo scorrere del libro di raccontare gli eventi in modo semplificato, partendo da considerazioni basate su dati reali. “Non posso dirti che quello che è successo in quel ristorante non succederà mai a noi, ma posso dirti che ciò che c'è nello schermo è lontano da dove siamo noi qui, ora..in questo momento la polizia, i pompieri sono al lavoro per aiutare quelle persone..”. Queste parole aiutano a riacquistare una sicurezza emotiva e assimilare l'evento un po' alla volta, dando un contenimento. Arrivano quindi le rassicurazioni, dosate e realistiche, corredate da informazioni più o meno approfondite e adatte all'età del nostro bambino sulla religione, le diverse etnie, curando innanzitutto le nostre conoscenze affinché siano corrette, poiché il rischio è di alimentare stereotipi e pregiudizi, ovvero la paura nei confronti di chi appartiene a una cultura differente dalla nostra. E il libro ci aiuta anche in questo colmando le nostre lacunose conoscenze in fatto di Isis e Islam (in quanti conoscono il significato dell'acronimo ISIS?). Concludendo, il messaggio che scorre tra le pagine del libro è quello di aiutare noi stessi e i nostri figli a continuare a vivere la vita che desideriamo, sensibili agli eventi che ci toccano da più o meno vicino, ma senza paure. A questo proposito imperdibile è la lettera scritta da un papà che prova con semplicità e grande coraggio a spiegare al figlio la follia del fanatismo e che termina sottolineando “..il coraggio dell'amore. Quell'amore che stasera fa di me e di te insieme un NOI più grande del terrore che hai provato nel cuore guardando le immagini della strage di Parigi. Buona notte figlio mio. Sogna la luce”.
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